Trattamento PVD
Nella tecnologia PVD, una laminetta di metallo viene vaporizzata all'interno di una camera ad alto vuoto, entro cui si trova anche l'oggetto da trattare, creando una atmosfera di ioni metallici liberi. Questi ioni, direttamente o combinati con un gas (quello più comunemente utilizzato è l'azoto) si depositano sulla superficie dell'oggetto creando una pellicola che può essere protettiva, resistente all'usura o semplicemente decorativa. Normalmente la pellicola ha uno spessore di 20-30 nanometri (10E-9m) ma può arrivare anche ad alcuni micrometri (10E-6m). La pellicola è costituita da composti estremamente duri come il nitruro di titanio (TiN) e il nitruro di cromo (CrN) o il carbo-nitruro di zirconio (ZrCN) o da metalli puri resistenti alla corrosione come il cromo o il nichel. La deposizione avviene ad alta temperatura (fino a 400°C) e quindi non può essere applicata su supporti di plastica o altri materiali sensibili al calore.
Se applicato da solo, direttamente sul materiale da trattare, il rivestimento PVD offre una protezione contro la corrosione che non è sufficiente per le correnti applicazioni mentre può essere applicato su determinati tipi di acciaio di alta qualità (tipo l'acciaio inox).
Oggi come oggi, la tecnologia PVD viene utilizzata principalmente per il trattamento di articoli di lusso (come certe lenti antiriflesso), di semiconduttori (utilizzati nei microchips), di utensili da taglio (rivestimenti di elevata durezza) o di stampi. E' però una tecnologia in continua evoluzione e che ha enormi potenzialità. Può infatti essere impiegata per applicare rivestimenti con caratteristiche eccezionali quali l'elevatissima durezza e inerzia chimica o autolubrificanti, che, di fatto, non possono essere applicati con nessuna altra tecnologia. E' il caso dei rivestimenti PVD giallo ottone di carbo-nitruri di zirconio (ZrCN) applicati su cromo elettrolitico. Questi rivestimenti sono di gran lunga più resistenti e quindi durano di più ma hanno un costo proibitivo che, di fatto, ne restringe l'utilizzo a pochi articoli di nicchia.
I trattamenti PVD sono costosi perché devono essere effettuati in condizioni di alto vuoto entro macchine che richiedono numerose apparecchiature di controllo e molto sofisticate e ogni trattamento ha una durata considerevole. Finora lo sviluppo è stato indirizzato alla costruzione di camere voluminose capaci di contenere un gran numero di articoli ed il trattamento viene sempre effettuato a lotti.
Una drastica riduzione dei costi di produzione è stata ottenuta nel rivestimento di alluminio di CD e DVD che possono oggi essere acquistati ad un prezzo inferiore a 0,5 Euro. Questa rivoluzione è stata resa possibile dalla introduzione nel ciclo produttivo di questi articoli, di piccole ma velocissime macchine capaci di trattare un solo CD alla volta ma in meno di 2 secondi e con minimi scarti di produzione. Questo tipo di macchine è composto da diversi moduli posti in sequenza, ognuno dedicato ad una specifica funzione. Il modulo in cui viene applicato il rivestimento vero e proprio è sempre in funzione mentre le altre parti del processo (creazione del vuoto, riscaldamento, ventilazione) vengono effettuate in moduli più semplici. Queste macchine sono poi integrate nel normale ciclo produttivo dell'articolo che quindi non è più necessario tenere in magazzino in attesa del trattamento. Questo comporta un notevole risparmio anche perché si evita che gli articoli si inumidiscano o si sporchino.
I rivestimenti applicabili oggi con la tecnologia PVD, ad un costo ragionevole, sono comunque sottili, nell'ordine di alcune decine di nanometri e non possono sostituire quei trattamenti che basano la loro efficacia proprio sullo spessore, come i trattamenti anticorrosione o quelli che livellano la superficie ruvida del supporto conferendole l'aspetto lucido. Queste proprietà funzionali sono oggi comunemente ottenute con l'applicazione galvanica di uno strato di una ventina di micron di spessore di nichel che molto difficilmente potrà essere sostituito. Infatti, nella tecnologia PVD il costo dello spessore del rivestimento incide enormemente ed è quindi preferibile integrare i due trattamenti, ad esempio la nichelatura con una finitura PVD decorativa o funzionale (ad alta resistenza o durezza).
A sua volta, il rivestimento applicato con la tecnologia PVD dei materiali plastici può essere utilizzato come substrato di un successivo trattamento galvanico altrimenti più complesso e più costoso. E' questo il caso dei circuiti elettronici di rame applicati su supporti di materiale plastico precedentemente trattati con un rivestimento PVD di spessore inferiore a 50 nm.
Da sottolineare che il trattamento PVD è oggi applicabile solo alla produzione industriale di uno stesso articolo mentre le SME galvaniche che lavorano conto terzi hanno bisogno di una tecnologia flessibile capace di applicare diversi trattamenti su diversi prodotti.